Sulla irretroattività del principio di tassatività delle clausole di esclusione e sull’esame del ricorso incidentale
Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria 25 febbraio 2014 n. 9
L’art. 4, co. 2, lett. d), nn. 1 e 2, d.l. 13 maggio 2011, n. 70 – Semestre Europeo – Prime disposizioni urgenti per l’economia – che ha aggiunto l’inciso <<Tassatività delle cause di esclusione>> nella rubrica dell’articolo 46, del codice dei contratti pubblici (d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163), e nel corpo dello stesso ha inserito il comma 1-bis – non costituisce una norma di interpretazione autentica e, pertanto, non ha effetti retroattivi e trova esclusiva applicazione alle procedure di gara i cui bandi o avvisi siano pubblicati (nonché alle procedure senza bandi o avvisi, i cui inviti siano inviati), successivamente al 14 maggio 2011, data di entrata in vigore del d.l. n. 70 del 2011;
Il principio di tassatività delle cause di esclusione sancito dall’art. 46, co. 1-bis, codice dei contratti pubblici (d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163), si applica unicamente alle procedure di gara disciplinate dal medesimo codice;
Sono legittime ai sensi dell’art. 46, co. 1-bis, codice dei contratti pubblici (d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163), le clausole dei bandi di gara che prevedono adempimenti a pena di esclusione, anche se di carattere formale, purché conformi ai tassativi casi contemplati dal medesimo comma, nonché dalle altre disposizioni del codice dei contratti pubblici, del regolamento di esecuzione e delle leggi statali;
Nelle procedure di gara disciplinate dal codice dei contratti pubblici, il “potere di soccorso” sancito dall’art. 46, co.1, del medesimo codice (d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163) – sostanziandosi unicamente nel dovere della stazione appaltante di regolarizzare certificati, documenti o dichiarazioni già esistenti ovvero di completarli ma solo in relazione ai requisiti soggettivi di partecipazione, chiedere chiarimenti, rettificare errori materiali o refusi, fornire interpretazioni di clausole ambigue nel rispetto della par condicio dei concorrenti – non consente la produzione tardiva del documento o della dichiarazione mancante o la sanatoria della forma omessa, ove tali adempimenti siano previsti a pena di esclusione dal codice dei contratti pubblici, dal regolamento di esecuzione e dalle leggi statali;
Nelle procedure di gara non disciplinate dal codice dei contratti pubblici, il “potere di soccorso” sancito dall’art. 6, co. 1, lett. b), l. 7 agosto 1990, n. 241, costituisce parametro per lo scrutinio della legittimità della legge di gara che, in assenza di una corrispondente previsione normativa, stabilisca la sanzione della esclusione; conseguentemente, è illegittima – per violazione dell’art. 6, co. 1, lett. b), l. 7 agosto 1990, n. 241, nonché sotto il profilo della manifesta sproporzione – la clausola della legge di gara che disciplina una procedura diversa da quelle di massa, nella parte in cui commina la sanzione della esclusione per l’inosservanza di una prescrizione meramente formale ;
Il giudice ha il dovere di decidere la controversia, ai sensi del combinato disposto degli artt. 76, co. 4, c.p.a. e 276, co. 2, c.p.c., secondo l’ordine logico che, di regola, pone la priorità della definizione delle questioni di rito rispetto alle questioni di merito e, fra le prime, la priorità dell’accertamento della ricorrenza dei presupposti processuali rispetto alle condizioni dell’azione;
Nel giudizio di primo grado avente ad oggetto procedure di gara, deve essere esaminato prioritariamente rispetto al ricorso principale il ricorso incidentale escludente che sollevi un’eccezione di carenza di legittimazione del ricorrente principale non aggiudicatario, in quanto soggetto che
– non ha mai partecipato alla gara, o
– che vi ha partecipato ma è stato correttamente escluso ovvero
– che avrebbe dovuto essere escluso ma non lo è stato per un errore dell’amministrazione;
tuttavia, l’esame prioritario del ricorso principale è ammesso, per ragioni di economia processuale, qualora risulti manifestamente infondato, inammissibile, irricevibile o improcedibile;
Nel giudizio di primo grado avente ad oggetto procedure di gara, il ricorso incidentale non va esaminato prima del ricorso principale allorquando non presenti carattere escludente; tale evenienza si verifica se il ricorso incidentale censuri valutazioni ed operazioni di gara svolte dall’amministrazione nel presupposto della regolare partecipazione alla procedura del ricorrente principale;
Nel giudizio di primo grado avente ad oggetto procedure di gara, sussiste la legittimazione del ricorrente in via principale – estromesso per atto dell’Amministrazione ovvero nel corso del giudizio, a seguito dell’accoglimento del ricorso incidentale – ad impugnare l’aggiudicazione disposta a favore del solo concorrente rimasto in gara, esclusivamente quando le due offerte siano affette da vizio afferente la medesima fase procedimentale come precisato in motivazione.
Sulla perentorietà del termine previsto dall’articolo 48 comma 2 del Codice degli Appalti
Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria 25 febbraio 2014 n. 10
L’articolo, 48, comma secondo, del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni, si interpreta nel senso che l’aggiudicatario e il concorrente che lo segue in graduatoria, non compresi fra i concorrenti sorteggiati ai sensi del commaprimodel medesimo articolo, devono presentare la documentazione comprovante il possesso dei requisiti di capacità economico – finanziaria e tecnico – organizzativa, di cui al commaprimo, entro il termine perentorio di dieci giorni dalla richiesta inoltrata a tale fine dalle stazioni appaltanti
A quali condizioni l’interventore ad opponendum in primo grado può proporre appello?
Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 867 del 24 febbraio 2014
Nel processo amministrativo i soggetti che intervengono spontaneamente nel giudizio, facendo valere un interesse riflesso e non autonomo al mantenimento ovvero alla rimozione del provvedimento impugnato, non hanno titolo per proporre domande nuove al giudice di primo grado ovvero in appello avverso la sentenza da questi resa (fatta eccezione per il capo decisorio che riguardi il loro titolo ad intervenire), salvo che vantino una posizione giuridica autonoma che consenta di qualificare loro alla stregua di soggetti cointeressati ovvero di controinteressati (ancorché non intimati).
Requisiti speciali per la partecipazione alle gare. Nuove indicazioni operative alle stazioni appaltanti ed agli operatori economici.
In seguito all’evoluzione normativa e giurisprudenziale, relativa al procedimento di verifica dei requisiti speciali per la partecipazione alle procedure di affidamento dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture (art. 48 del D. LGS. 12 aprile 2006, n. 163), l’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, ha riesaminato la materia – già affrontata con la Determinazione n. 5 del 2009 – con una nuova Determinazione al fine di fornire nuove indicazioni operative alle stazioni appaltanti ed agli operatori economici.
Premessa
1. Ambito di applicazione della procedura.
1.1. Appalti di lavori pubblici e requisiti richiesti.
1.2. Concessioni di servizi e Concessioni di lavori.
1.3. Settori speciali.
2. Requisiti oggetto a verifica.
2.1. Livelli minimi specifici di capacità tecnico-economica e relativa comprova.
2.2. Determinazione del periodo di attività documentabile.
2.3. Mezzi di prova per dimostrare il possesso dei requisiti.
3. Applicazione dell’articolo 48 agli appalti di progettazione ed esecuzione.
4. Applicazione dell’articolo 48 in caso di avvalimento.
5. Natura dei termini per gli adempimenti previsti dalla norma.
5.1. Natura del termine posto ai concorrenti sorteggiati.
5.2. Modalità di applicazione dell’art. 48, comma 1 bis.
5.3. Verifica sull’aggiudicatario provvisorio e sul secondo graduato.
6. Momento della verifica.
7. Verifica ex art. 48 e d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445.
8. Presupposti al cui verificarsi si ricollegano le previste misure sanzionatorie.
8.1. Sanzioni irrogate dalla stazione appaltante.
8.2. Sanzioni irrogate dall’Autorità.
8.2.1. Sanzione pecuniaria.
8.2.2. Sospensione dalle gare.
La compensazione delle spese in caso di rinuncia al giudizio deve essere concordata fra le parti.
Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza numero 1471 del 11.03.2013
L’abbandono del ricorso è rimesso integralmente a colui che agisce, ed è sottoposto alle sole condizioni della provenienza dalla parte, o dal suo procuratore all’uopo espressamente autorizzato, e dell’intervenuta conoscenza della controparte dell’atto di rinuncia, conoscenza da conseguirsi in modo formale (e quindi con notifica o dichiarazione agli atti, come indica l’articolo 84 c.p.a., ma anche mediante altre forme equipollenti, quali il deposito in udienza dell’atto di rinuncia sottoscritto dalla parte personalmente). Intervenute le dette formalità, spetta infine al giudice pronunciare, espressamente ed a seguito di un accertamento che coinvolga la presenza dei detti requisiti, l’estinzione del giudizio, permanendo, fino a quel momento, il potere del rinunciante di revocare il proprio atto.
Effetto della rinuncia è dal lato sostanziale, quello di determinare la cristallizzazione della situazione dedotta al momento anteriore della proposizione del ricorso, dall’altro lato, di carattere schiettamente processuale, quello di comportare l’obbligo di provvedere al rimborso delle spese sostenute dalla controparte (che tuttavia costituisce una posizione disponibile delle parti costituite, potendovi queste rinunciare).
La differenza tra sopravvenuta carenza di interesse e cessazione della materia del contendere.
Consiglio di Stato, Sez. IV, Sentenza 1477 del 11.03.2013
La sopravvenuta carenza di interesse opera solo quando il nuovo provvedimento non soddisfa integralmente il ricorrente, determinando una nuova valutazione dell’assetto del rapporto tra la pubblica amministrazione e l’amministrato; al contrario, la cessazione della materia del contendere si determina quando l’operato successivo della parte pubblica si rivela integralmente satisfattivo dell’interesse azionato.
BANDO TIPO. Indicazioni generali per la redazione dei bandi di gara ai sensi degli articoli 64, comma 4-bis e 46, comma 1-bis, del Codice dei contratti pubblici
Determinazione dell’Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici di Lavori, Servizi e Forniture, n. 4 del 10 ottobre 2012
1. Orientamenti interpretativi
PARTE I – Adempimenti previsti da disposizioni di legge vigenti
2. Requisiti di partecipazione
2.1 Requisiti di ordine generale
2.2 Requisiti speciali di partecipazione
3. Norme a garanzia della qualità e norme di gestione ambientale
5. Verifiche sul possesso dei requisiti speciali
6. Termini per la presentazione delle offerte
7. Rispetto del divieto di partecipazione plurima/contestuale
7.1 Indicazioni specifiche per la partecipazione dei raggruppamenti temporanei, dei consorzi ordinari e dei consorzi stabili
7.1.1 Principio di corrispondenza
7.1.3 Raggruppamenti sovrabbondanti
9. Mancato, inesatto o tardivo adempimento alla richiesta di chiarimenti
10. Disposizioni in materia di presentazione e valutazione delle offerte
10.1 Varianti in sede di offerta
11. Mancato versamento del contributo all’Autorità
12. Ulteriori ipotesi specifiche previste da norme
PARTE II – Carenza di elementi essenziali ed incertezza assoluta sul contenuto o sulla provenienza dell’offerta
2. La sottoscrizione dell’offerta
3. Accettazione delle condizioni generali di contratto
4. Offerte condizionate, plurime ed in aumento
5. Presentazione della cauzione provvisoria
6. Mancata effettuazione del sopralluogo
PARTE III – Irregolarità concernenti gli adempimenti formali di partecipazione alla gara
1. Modalità di presentazione delle offerte e delle domande di partecipazione
2. Difetto di separazione dell’offerta economica dall’offerta tecnica
3. Modalità di presentazione delle dichiarazioni sostitutive
4. Utilizzo di moduli predisposti dalle stazioni appaltanti
5. Mezzi di comunicazione tra operatori economici e stazioni appaltanti
La revoca della delega delle funzioni di ufficiale dello stato civile rientra nella giurisdizione del G.O.
TAR Lazio, Roma, Sez. II, Sentenza 9452 del 27.11.2012
Il conferimento e la revoca delle funzioni di ufficiale dello stato civile in favore dei dipendenti a tempo indeterminato dell’amministrazione comunale avviene in ragione dello stabile rapporto d’impiego che costoro hanno con il Comune e, quindi, rientra tra le controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni di cui all’art. 63, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2011.
La Croce Rossa può partecipare a gare di appalto?
TAR Lazio, Roma, Sez. III Quater, Sentenza 9487 del 27.11.2012
La partecipazione alle procedure di aggiudicazione di appalti pubblici non può dirsi riservata ai soli prestatori che offrano servizi sul mercato in modo sistematico ed a titolo professionale, con esclusione dei soggetti, anche pubblici, che non perseguono un preminente scopo di lucro.
Le disposizioni della direttiva 2004/18, art. 1, nn. 2, lett. a), e 8, commi 1 e 2, che si riferiscono alla nozione di “operatore economico”, devono essere interpretate nel senso che consentono a soggetti che: i) non perseguono un preminente scopo di lucro, ii) non dispongono della struttura organizzativa di un’impresa e iii) non assicurano una presenza regolare sul mercato, di partecipare ad un appalto pubblico di servizi.
La Croce Rossa Italiana, in quanto ente pubblico esercente istituzionalmente attività sanitaria e socio-assistenziale senza scopo di lucro, non può, in ragione del suo statuto, stipulare contratti di appalto e, dunque, partecipare a gare pubbliche indette per l’aggiudicazione di tali appalti servizi a titolo oneroso, ma gli stessi servizi può offrire, ai sensi degli artt. 5, comma 1, d.P.R. 31 luglio 1980, n. 613 e art. 2, comma 1, lett. c) e d), d.P.C.M. 6 maggio 2005, n. 97, mediante convenzioni con lo Stato, le Regioni e gli altri enti pubblici, stipulate ai sensi dell’art. 15, l. n. 241 del 1990.
I confini della giurisdizione del g.a. in materia di giochi e di scommesse
T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II, sentenza 9619 del 21.11.2012
L’attività di raccolta scommesse e di organizzazione/esercizio di concorsi pronostici, riservata allo Stato e ad altre amministrazioni, integra, alla stregua dell’ordinamento vigente, un servizio pubblico suscettibile di concessione in gestione a terzi (Cassazione, Sez. Un., ordinanza 1° aprile 2003, n. 4994; Cons. Stato, Sez. VI, 22 aprile 2004, n. 2330), in relazione al quale la causa del potere riconosciuto alla pubblica amministrazione persegue non solo (e non tanto) lo scopo di assicurare un congruo flusso di entrate all’erario, quanto piuttosto quello di garantire, a fronte della espansione del settore, l’interesse pubblico alla regolarità e moralità del servizio e, in particolare, la prevenzione della sua possibile degenerazione criminale (Cass. Pen., Sez. un., 26 aprile 2004, n. 3272). Pertanto l’attività di raccolta delle scommesse sportive va qualificata quale servizio pubblico, con la conseguenza che per le controversie che riguardano tale settore trova applicazione l’art. 133, comma 1, lett. c), cod. proc. amm., che – in conformità alle indicazioni fornite dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 204 del 2004 – devolve alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo “le controversie in materia di pubblici servizi relative a concessioni di pubblici servizi, escluse quelle concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi”.
Esulano dalla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie relative a pretese dell’Amministrazione «che trovano il loro titolo genetico nell’obbligo del concessionario di corrispondere le cd. quote di prelievo sulle scommesse, il ritardato pagamento del canone di concessione e dell’imposta unica, venendo appunto in rilievo in questi casi: a) con riferimento all’obbligo del concessionario di corrispondere le cd. quote di prelievo (c.d. saldi) sulle scommesse ed al ritardato pagamento del canone di concessione, «corrispettivi» dovuti per la gestione del servizio pubblico riservati alla cognizione del giudice civile ordinario; b) con riferimento al ritardato ovvero omesso versamento dell’imposta unica, «tributi erariali» di competenza della giurisdizione del giudice tributario».
Le vicende che hanno profili esclusivamente patrimoniali – sotto l’aspetto della sussistenza del debito (an debeatur) e del suo ammontare (quantum debeatur) – del rapporto concessorio, attinenti esclusivamente al versamento di penali ed interessi per il preteso ritardato pagamento dei flussi finanziari di cui all’art. 14, comma 5, della convenzione di concessione, sono devolute alla giurisdizione del g.o..
Sul difetto di giurisdizione del g.a. a conoscere delle controversie aventi ad oggetto i concorsi banditi da società per azioni a capitale pubblico che non siano organismi di diritto pubblico (sui casi Zetema e RAI)
T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II, sentenza 9616 del 21.11.2012
La RAI-Radiotelevisione Italiana, anche se fortemente caratterizzata dagli evidenziati peculiari aspetti e tuttora in mano pubblica, resta pur sempre una società per azioni, e ciò deve vieppiù affermarsi a seguito della L. n. 112 del 2004 e del T.U. n. 177 del 2005»; tenuto conto di quanto precede «deve quindi escludersi che, con riferimento alla stessa, possa applicarsi la riserva della giurisdizione del giudice amministrativo, “in materia di procedure concorsuali per l’assunzione dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni”, di cui al D. Lgs. n. 165 del 2001, art. 63, comma 4 (Corte di Cassazione SS.UU. sentenza n. 28329 del 22 dicembre 2011).
La riserva della giurisdizione del giudice amministrativo in materia di procedure concorsuali, D. Lgs. n. 165 del 2001, ex art. 63, comma 4, presuppone la finalità della instaurazione di un rapporto di lavoro pubblico, seppure contrattualizzato, alle dipendenze di una pubblica amministrazione e non può affatto configurarsi in funzione della insorgenza di un rapporto di lavoro privato alle dipendenze di una società per azioni.
Sussiste il difetto di giurisdizione del g.a. in relazione alla domanda di annullamento della graduatoria finale relativa ad una procedura di selezione bandita dalla società Zetema Progetto Cultura, in quanto la predetta società, sebbene partecipata unicamente da Roma Capitale, non può essere qualificata come organismo di diritto pubblico e ad essa non risulta applicabile il decreto legislativo n. 165 del 2001.
Il nulla osta paesaggistico
T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II Quater, sentenza 9589 del 20.11.2012
Il provvedimento di annullamento del nulla osta paesaggistico rilasciato dal Comune per la costruzione di un edificio non ha natura di atto recettizio e, pertanto, il termine perentorio di sessanta giorni, previsto per l’eventuale annullamento, attiene alla sua adozione e non anche alla sua comunicazione ed è pertanto, irrilevante che la successiva notifica dell’atto di annullamento al privato, titolare dell’autorizzazione, avvenga dopo la scadenza del suddetto termine, trattandosi di incombente del tutto esterno rispetto al perfezionamento dell’iter procedimentale relativo al controllo ministeriale.
Il potere ministeriale di annullamento del nulla osta ambientale è circoscritto ai vizi di sola legittimità: il potere di annullamento dell’Amministrazione statale non comporta un riesame complessivo, e la Sovrintendenza non può sovrapporre o sostituire il proprio apprezzamento di merito, alle valutazioni discrezionali compiute in sede di rilascio del nulla osta da parte dell’ente locale. Il riesame dell’Amministrazione, infatti, è meramente estrinseco, ed è diretto all’accertamento dell’assenza di vizi di legittimità comprendenti quello di eccesso di potere nelle diverse forme sintomatiche.
L’Amministrazione non può rinnovare il giudizio tecnico discrezionale sulla compatibilità paesaggistico-ambientale dell’intervento, che appartiene in via esclusiva all’Autorità preposta alla tutela del vincolo (cfr. ex multis, Tar Liguria, Sez. I, 13 febbraio 2004, n. 160; idem, 2 aprile 2004, n. 329; Tar Lazio, Roma, Sez. II, 16 maggio 2005, n. 3840; Tar Campania, Napoli, Sez. II, 28 febbraio 2006, n. 2486; Cons. Stato, Sez. VI, 29 ottobre 2004, n. 7046; idem, 24 gennaio 2006, n. 207, Adunanza Plenaria del Cons. Stato dec. 14 dicembre 2001, n. 9)
In considerazione della tendenziale irreversibilità dell’alterazione dello stato dei luoghi, un’adeguata gestione dei vincoli paesistici impone che l’autorizzazione paesistica rilasciata dall’autorità comunale sia congruamente motivata, esponendo le ragioni di effettiva compatibilità degli abusi realizzati con gli specifici valori paesistici dei luoghi, con la conseguenza che il difetto di motivazione dell’autorizzazione giustifica per ciò solo il suo annullamento in sede di controllo (Cons. Stato., Sez. V n. 4552/2005; Sez. VI, 8 agosto 2000, n. 4345; Sez. VI, 9 aprile 1998, n. 460; Sez. IV, 4 dicembre 1998, n. 1734; Sez. VI, 9 aprile 1998, n. 460; Sez. VI, 20 giugno 1997, n. 952; Sez. VI, 30 dicembre 1995, n. 1415; Sez. VI, 12 maggio 1994, n. 771).
In sede di rilascio della concessione edilizia in sanatoria, l’obbligo di acquisire il parere da parte dell’autorità preposta alla tutela del vincolo previsto dall’art. 32 della legge 28.2.1985 n. 47, sussiste anche per le opere realizzate anteriormente all’imposizione del vincolo stesso (Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 20 del 22.7.1999, Cons.St., VI, 9.9.2005 n. 4662; id., 16.3.2005 n. 1094; 16.2.2005 n. 492; id., 22.8.2003 n. 4765).
L’avvenuta edificazione di un’area o le sue condizioni di degrado non costituiscono ragione sufficiente per recedere dall’intento di proteggere i valori estetici o paesaggistici ad essa legati, poiché l’imposizione del vincolo costituisce il presupposto per l’imposizione al proprietario delle cautele e delle opere necessarie alla conservazione del bene e per la cessazione degli usi incompatibili con la conservazione dell’integrità dello stesso (Cons. Stato, VI, 12 luglio 2011, n. 4196; id., VI, 15 giugno 2011, n. 3644; id, VI, 20 gennaio 2003, n. 203).
Le avvenute modifiche dello stato dei luoghi non consentono dunque – anche in sede di esame di istanze di sanatoria – di ritenere compatibile col vincolo paesistico qualsiasi costruzione, dovendo l’amministrazione preposta alla tutela del vincolo valutare se la presenza dell’immobile in questione sia compatibile con i valori tutelati e, anzi, se essa precluda la riqualificazione dell’area (che costituisce una finalità primaria perseguita dalle leggi, in coerenza con il valore primario dei valori tutelati dall’art. 9 della Costituzione).
La qualificazione di rilevanza paesaggisticoambientale di un sito non è determinata dal suo grado di inquinamento o alterazione – perché, allora, in tutti i casi di degrado ambientale sarebbe preclusa ogni ulteriore protezione del paesaggio riconosciuto meritevole di tutela -, con la conseguenza per cui l’esistenza del relativo vincolo serve piuttosto anche a prevenire l’aggravamento della situazione ed a perseguirne il possibile recupero (Consiglio di Stato sez. VI 11 giugno 2012 n. 3401; Cons. Stato, VI, 27 aprile 2010, n. 2377)
L’illegittimità per disparità di trattamento in materia di diniego del nulla osta di cui all’art. 7 della legge n. 1497/1939 è configurabile solo in casi macroscopici e presuppone un’assoluta identità delle situazioni (Cons.St., V, 10.2.2000 n. 726).
Sulla revoca dei contributi concessi in attuazione di patti territoriali o contratti d’area la giurisdizione spetta al G.A.
T.A.R. Lazio, Roma, Sez. III Ter, sentenza 9541 del 19.11.2012
Sussiste la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in relazione alla definizione delle controversie relative alla revoca dei contributi concessi in attuazione di patti territoriali o di contratti d’area (Cass. Sez un. Ord. 8 luglio 2008 n. 18630; Tar Lazio sezione III ter 3.12 2009 n. 12410 e 25.11.2009 n. 11650).
Non può ritenersi contraria al principio di cui all’art. 1256 c.c. la revoca dei contributi concessi, nell’ambito di un patto territoriale o di un contratto d’area, allorquando emerga la non imputabilità alla società stipulante dell’inadempimento degli obblighi assunti in sede di programmazione negoziata.
Il regolamento recante la disciplina per l’erogazione delle agevolazioni relative ai contratti d’area ed ai patti territoriali, di cui al D.M. 31 luglio 2000, n. 320 (come modificato dal D.M. 215/2006), all’articolo 12-bis prevede la possibilità di modifica dell’indirizzo produttivo nel rispetto delle seguenti condizioni:
1. le iniziative imprenditoriali agevolate devono essere realizzate in misura non inferiore al 30 per cento degli investimenti ammessi;
2. non devono essere scaduti i termini per il completamento degli investimenti;
3. la modifica deve essere attuata nei settori produttivi di cui al Regolamento 794/2004;
4. la nuova iniziativa imprenditoriale deve rispettare gli obiettivi occupazionali ed i tempi per il completamento del programma.
L’articolo 38 comma 1 lett. f) del codice degli appalti e l’esclusione per deficit di fiducia.
T.A.R. Lazio, Roma, Sez. III Ter, sentenza 9517 del 19.11.2012
L’art. 38, co. 1, lett. f), d.lgs. n. 163 del 2006 per cui sono esclusi dalla partecipazione alle gare di appalto i soggetti “che, secondo motivata valutazione della stazione appaltante, hanno commesso grave negligenza o malafede nell’esecuzione delle prestazioni affidate dalla stazione appaltante che bandisce la gara; o che hanno commesso un errore grave nell’esercizio della loro attività professionale, accertato con qualsiasi mezzo di prova da parte della stazione appaltante” va inteso nel senso che il pregresso inadempimento è causa di esclusione in base a motivata valutazione della stazione appaltante, senza necessità che lo stesso sia stato definitivamente accertato in sede giurisdizionale”, essendo a tal fine “sufficiente la valutazione che la stessa amministrazione abbia fatto in sede amministrativa del comportamento tenuto in precedenti rapporti contrattuali dal soggetto (Cons. Stato, sez. VI, 15 maggio 2012, n. 2761);
L’art. 38, co. 1, lett. f), non ha carattere sanzionatorio, ma contempla “una misura a presidio dell’elemento fiduciario, che esclude di per sé qualsiasi automatismo, perché l’esclusione deve essere il risultato di una ‘motivata valutazione’”, essendo riservata alla stazione appaltante la valutazione della gravità dei pregressi inadempimenti (valutazione sindacabile in giudizio solo se affetta da vizi di travisamento, illogicità, irragionevolezza);
La decisione di esclusione per “deficit di fiducia” è rimessa all’apprezzamento dell’amministrazione aggiudicatrice sull’individuazione del “punto di rottura dell’affidamento” nel pregresso o futuro contraente, di talché “il controllo del giudice amministrativo su tale valutazione discrezionale deve essere svolto ab extrinseco, ed è diretto ad accertare il ricorrere di seri indici di simulazione (dissimulante una odiosa esclusione), ma non è mai sostitutivo” (in altri termini, il sindacato sulla motivazione del rifiuto “deve essere rigorosamente mantenuto sul piano della verifica della non pretestuosità della valutazione degli elementi di fatto esibiti dall’appaltante come ragione di rifiuto”; (Cons. Stato, sez. VI, n. 2761/12 cit., che a sua volta richiama Cass. civ., sez. un. 17 febbraio 2012, nn. 2312 e 2313).
L’offerta del raggruppamento temporaneo di imprese deve specificare le parti del servizio o della fornitura che saranno eseguite dai singoli operatori economici riuniti o consorziati
T.A.R. Lazio, Roma, Sez. III Ter, sentenza 9505 del 19.11.2012
Ai sensi dell’art. 37, comma 4, d.lgs. n. 163 del 2006, nel caso di forniture o servizi nell’offerta devono essere specificate le parti del servizio o della fornitura che saranno eseguite dai singoli operatori economici riuniti o consorziati. Tale obbligo ha lo scopo di consentire alla stazione appaltante l’accertamento dell’impegno e dell’idoneità delle imprese, indicate quali esecutrici delle prestazioni di servizio in caso di aggiudicazione, a svolgere effettivamente le ‹‹parti›› di servizio indicate, in particolare consentendo la verifica della coerenza dell’offerta con i requisiti di qualificazione, e dunque della serietà e dell’affidabilità dell’offerta”, sicché l’offerta che non contenga “la specificazione delle ‹‹parti›› di servizio che saranno eseguite dalle singole imprese associande o associate, deve ritenersi parziale e incompleta, non permettendo di ben individuare l’esecutore di una determinata prestazione nell’ambito dell’a.t.i., e rimanendo dunque indeterminato il profilo soggettivo della prestazione offerta (Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, decisione13 giugno 2012, n. 22).
L’articolo 37 comma 4 risponde a finalità di controllo e di trasparenza, maggiormente presenti nei raggruppamenti a struttura orizzontale, dove tutti gli operatori riuniti eseguono il medesimo tipo di prestazioni, e di maggiore speditezza nella fase di esecuzione del contratto, essendo individuato il responsabile della prestazione delle singole parti dell’appalto.
La violazione dell’obbligo della specificazione delle ‹‹parti›› di servizio imputate alle singole imprese del raggruppamento non si risolve in una violazione meramente formale”, incidendo “in modo sostanziale”:
i) “sulla serietà, affidabilità, determinatezza e completezza, e dunque sugli elementi essenziali dell’offerta, la cui mancanza, pena la violazione dei principi della par condicio e della trasparenza, non è suscettibile di regolarizzazione postuma”;
ii) sui poteri di verifica della stazione appaltante attorno alla coerenza dei requisiti di capacità degli operatori raggruppati con riguardo alla natura della prestazione, in funzione della garanzia della qualità delle prestazioni oggetto dell’appalto”; e infine
iii) su un corretto assetto concorrenziale, evitando l’elusione delle norme di ammissione stabilite dai bandi e impedendo la partecipazione fittizia di imprese, non chiamate (o chiamate in modo inappropriato) ad effettuare le prestazioni oggetto della gara.
L’obbligo di specificare le parti del servizio o della fornitura, previsto dall’articolo 37 comma 4 va assolto “a pena di esclusione al più tardi in sede di formulazione dell’offerta” (mentre una dichiarazione successiva, in sede di esecuzione del contratto, non potrebbe assolvere allo stesso modo alle esigenze di trasparenza ed affidabilità che caratterizzano la gara), pur potendo il relativo vaglio essere condotto, “in ossequio al principio della tassatività delle cause di esclusione”, adottando “un approccio ermeneutico di natura sostanzialistica, nel senso che l’obbligo deve ritenersi assolto sia in caso di indicazione, in termini descrittivi, delle singole parti del servizio da cui sia evincibile il riparto di esecuzione tra le imprese associate, sia in caso di indicazione, in termini percentuali, della quota di riparto delle prestazione che saranno eseguite tra le singole imprese, tenendo conto della natura complessa o semplice dei servizi oggetto della prestazione e della sostanziale idoneità delle indicazioni ad assolvere alle finalità di riscontro della serietà e affidabilità dell’offerta ed a consentire l’individuazione dell’oggetto e dell’entità delle prestazioni che saranno eseguite dalle singole imprese raggruppate”.
Sul procedimento per il rilascio dell’autorizzazione unica per la realizzazione di impianti per la produzione di energia alimentati da fonti rinnovabili.
T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. I, sentenza 2777 del 16.11.2012
La conferenza di servizi prevista dall’art. 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003 n. 387 in tema di autorizzazione unica per la realizzazione di impianti per la produzione di energia alimentati da fonti rinnovabili ha natura decisoria e ad essa si applicano le disposizioni degli artt. 14-bis ss. della legge 241/90.
Ai sensi dell’articolo 14-quater della L. 241/90 il dissenso di uno o più rappresentanti delle amministrazioni convocate alla conferenza di servizi non solo deve essere motivato, ma che deve avere contenuto propositivo, intendendo il Legislatore evitare la duplicazione di procedimenti, quando sia possibile il recepimento di una soluzione condivisa. Tale parametro inteso a pervenire ad un risultato positivo trova applicazione non solo quando ricorrano dissensi da parte di singole amministrazioni partecipanti, ma anche quando esso sia plurimo, come si desume dal riferimento a “più amministrazioni” e quindi anche quando il parere negativo sia stato condiviso da tutte le amministrazioni coinvolte.
Ai sensi dell’articolo 2 della legge n. 241/90 e dell’articolo 12, comma 4 , del D.lgs. 29 dicembre 2003, n. 387 il procedimento avente ad oggetto il rilascio dell’autorizzazione unica per la realizzazione di impianti per la produzione di energia alimentati da fonti rinnovabili deve essere concluso, con l’adozione di un provvedimento espresso, nel termine perentorio di 180 giorni dalla presentazione della richiesta (Corte Cost. sentenza 9 novembre 2006, n. 364; Corte Cost. sentenza 6 novembre 2009, n. 282; Cons. Stato, sez. V, 23.10.2012 n. 5413).
L’emanazione di un provvedimento in ritardo comporta la lesione dell’interesse pretensivo al rilascio nei termini del provvedimento richiesto cagionato dalla lentezza dell’azione amministrativa, il che significa che, ancorché esso sia stato successivamente conseguito dall’istante non per ciò solo cessa la materia del contendere nell’introdotto giudizio, dovendo essere definita la concorrente domanda risarcitoria, ove essa sia stata avanzata nel processo.
Ancora sui poteri del Commissario ad acta
T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. III, sentenza 2738 del 13.11.2012
Il Commissario ad acta è un ausiliare del giudice (ai sensi degli artt. 21 e 114, comma 4, lett. d), del codice del processo amministrativo), titolare di un potere che trova diretto fondamento nella pronuncia giurisdizionale da portare ad esecuzione.
Il Commissario ad acta è legittimato, anche al di fuori delle norme che governano l’azione ordinaria degli organi amministrativi sostituiti, ad adottare ogni misura conforme al giudicato che si appalesi in concreto idonea a garantire alla parte ricorrente il conseguimento effettivo del bene della vita di cui sia stato riconosciuto titolare nel provvedimento giurisdizionale da portare ad attuazione.
L’esigenza di svincolare l’azione del Commissario dal rispetto dei vincoli procedurali ordinari dell’azione amministrativa, anche con riguardo alla disciplina procedimentale che regola l’emissione dei mandati di pagamento, trova conferma decisiva nel principio costituzionale di pienezza ed effettività della tutela di cui all’art. 24 della Costituzione oltre che nei principi, in tema di equità del processo ed effettività della tutela, di cui agli artt. 6 e 13 della Convenzione CEDU. La corretta attuazione di detti principi suggerisce, infatti, l’approdo ad una soluzione esegetica che consenta la piena attuazione del precetto giudiziario con il ricorso ad ogni determinazione idonea al concreto conseguimento dello scopo, anche in deroga ai canoni ordinari dell’azione amministrativa (così espressamente Consiglio di Stato, sez. V, 1° marzo 2012, n. 1194).
Non è necessaria la notifica del ricorso ai controinteressati nel caso di impugnazione dell’esclusione proposta prima del provvedimento di approvazione della graduatoria.
T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. IV, sentenza 2646 del 5.11.2012
Il ricorso contro l’esclusione da procedura concorsuale, proposto prima del provvedimento finale di aggiudicazione, non comporta l’onere di notifica ai controinteressati, sia perché allo stato non sussiste un interesse protetto in capo agli altri concorrenti che potrebbe essere leso dall’eventuale accoglimento del ricorso, sia perché comunque il loro interesse non emerge direttamente dal provvedimento impugnato.
La corretta instaurazione del contraddittorio di lite, che nel processo amministrativo comporta per il ricorrente l’onere di notificare il ricorso, sotto pena di inammissibilità, ad almeno uno dei soggetti controinteressati, implica che la platea di costoro sia individuata o facilmente individuabile al momento della proposizione del gravame. Ciò, tuttavia non accade quando, in occasione dell’impugnativa di un atto endoprocedimentale sia pure a carattere definitivo per il destinatario (come, appunto, l’esclusione) e in carenza dell’atto conclusivo della procedura concorsuale (l’approvazione della graduatoria definitiva), il soggetto non è in condizione di individuare quali siano i concorrenti che abbiano superato la verifica di idoneità al servizio e quanti al contrario non abbiano superato detta prova (cfr. Cons. Stato, sez. III, 1 febbraio 2012, n. 493; sez. VI, 24 novembre 2011, n. 6206).
In materia di autotutela decisoria, stante la pacifica natura discrezionale dell’atto di annullamento d’ufficio, occorre dar corso alla comunicazione d’avvio del procedimento di ritiro, ai sensi dell’art. 7 l. 7 agosto 1990 n. 241, trattandosi pur sempre di attività di secondo grado incidente su situazioni giuridiche “medio tempore” consolidatesi ed astretta pertanto a stringenti limiti applicativi.
Nei procedimenti di secondo grado (art. 21 nonies l. 7 agosto 1990 n. 241), la valutazione comparativa degli interessi contrapposti non tollera eccezioni di sorta, per quanto rilevante possa essere l’interesse pubblico a salvaguardia del quale l’autotutela viene in concreto esercitata (Cons. Stato, sez. VI, 20 settembre 2012, n. 4997).
L’annullamento d’ufficio trova fondamento nei principi di legalità, imparzialità e buon andamento, cui deve essere improntata l’attività della Pubblica amministrazione, ai sensi dell’art. 97 Cost., in attuazione dei quali essa deve adottare atti il più possibile rispondenti ai fini da conseguire, fermo l’obbligo nell’esercizio di tale delicato potere, anche in considerazione del legittimo affidamento eventualmente ingeneratosi nel privato, di rendere effettive le garanzie procedimentali, di fornire un’adeguata motivazione in ordine alle ragioni che giustificano la differente determinazione e di una ponderata valutazione degli interessi, pubblici e privati, in gioco (Cons. Stato, sez. V, 3 agosto 2012, n. 4440).
E’ illegittimo l’annullamento dell’abilitazione all’insegnamento, adottato a distanza di molto tempo dal concorso sulla base dell’accertamento dell’esistenza di un vizio della domanda di partecipazione al concorso, senza che sia stato esplicitato l’interesse pubblico della p.a. al ripristino della legalità violata (TAR Palermo, sez. II, 13 luglio 2012, n. 1548).
La legittimazione ad impugnare gli atti di localizzazione degli impianti di recupero dei rifiuti.
T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. IV, sentenza 2644 del 5.11.2012
La legittimazione ad impugnare gli atti di localizzazione degli impianti di recupero dei rifiuti spetta a tutti i soggetti che si trovano in vicinanza dell’impianto e in stabile collegamento con il relativo territorio. Detti soggetti sono legittimati ad agire per il rispetto della normativa anche procedimentale di settore, una volta che essa sia posta a tutela della corretta localizzazione dell’impianto.
I soggetti interessati alla localizzazione sono non solo gli appartenenti al comune di ubicazione, ma anche i cittadini dei comuni limitrofi: di conseguenza, va riconosciuta la qualità di soggetto interessato anche a tale Comune limitrofo, quale ente competente alla tutela degli interessi della collettività dei propri cittadini. E ciò anche ai fini della partecipazione alla conferenza di servizi ex art. 208 d.lgs. 152/2006 in qualità di ente locale interessato, indipendentemente dal fatto che l’impianto non sia ubicato nel territorio dei due comuni, ma sia solo limitrofo ad esso (cfr., per tutte, Cons. Stato, sez. V, 16 settembre 2011, n. 5193).
L’ammissione al gratuito patrocinio nei giudizi innanzi al TAR
Un documento utile pubblicato dal TAR Lombardia: Il prontuario per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato.
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